Di Maio «Ora conferenza di pace Pronti a fare da garanti» (Messaggero)
Ministro Di Maio, le sue riunioni a Bruxelles, tra Nato e incontri bilaterali, rappresentano uno snodo importante. Qual è l’orientamento dell’alleanza atlantica?
«La Nato non vuole la guerra, e questo è anche il motivo del no alla No fly zone. Lo abbiamo sempre detto: non è creando una guerra più grande che si mette fine a quella in Ucraina. Una terza guerra mondiale sarebbe una catastrofe per l’umanità e non è, nella maniera più assoluta, nelle intenzioni degli alleati».
Putin non accenna a fermarsi. Non bisogna fare ancora di più per portarlo a una trattativa?
«Putin ha la necessità di mostrare al suo popolo di essere vincitore, per questo dobbiamo aspettarci che la sua guerra andrà ancora avanti. In questo momento l’unica arma davvero efficace è quella diplomatica. Dobbiamo portare avanti la forte richiesta di un cessate il fuoco, una tregua umanitaria e soprattutto un accordo che ponga fine alle ostilità».
Il nostro Paese come si sta muovendo?
«Sta operando su 3 versanti: fermare il finanziamento all’esercito russo; raggiungere la pace; tutelare la sicurezza in Italia. L’obiettivo di una soluzione si può raggiungere anche tramite una Conferenza di pace che stiamo promuovendo. L’Italia è disponibile a rivestire un ruolo di garante: sosteniamo il negoziato, credendo molto anche nel ruolo della Turchia. Non bastano le due parti al tavolo, e occorre aggiungere altri attori internazionali».
Bucha rappresenta un salto di qualità nell’orrore?
«A Bucha non ci sono finzioni o effetti speciali, ci sono cadaveri di civili ucraini massacrati per la strada, è una vergogna mondiale. Io le dico: ognuno è libero di pensarla come vuole, ma basta negare l’evidenza. L’Italia garantirà ogni necessario supporto alla Corte Penale Internazionale anche tramite l’Ue per l’accertamento di questi crimini di guerra e dei loro responsabili».
Stop al gas russo?
«Non ci sono veti italiani a un blocco dell’import di gas russo. Il nostro ragionamento si proietta sul sostegno a cittadini e imprese: adesso, da parte dell’Ue, è essenziale introdurre il tetto massimo al prezzo del gas, oltre che un fondo compensativo, un fondo di emergenza Ue, per andare incontro alle esigenze degli Stati membri. Serve un’azione coraggiosa dell’Ue, su questo l’Italia darà il massimo. Non lasceremo sole famiglie e imprese italiane. Su questo l’Italia deve portare avanti una battaglia decisa, senza divisioni interne».
Lei va in giro alla ricerca di altri luoghi d’acquisto energetico. Qual è per ora il bilancio?
«Dopo Algeria, Qatar, Congo, Angola e Mozambico, anche con l’Azerbaijan abbiamo rafforzato la cooperazione in campo energetico. La nostra urgenza è tutelare imprese e cittadini italiani dalla crisi del gas ed evitare ogni ricatto o speculazione. Lo dico ancora una volta, dall’Europa ci aspettiamo scelte di campo coraggiose: come l’introduzione del tetto massimo al prezzo del gas. È una battaglia a cui non rinunceremo. L’Ue, anche su questo deve mostrarsi compatta e non deve farsi scalfire da prese di posizione in senso contrario. È una misura che serve a tutti. Dobbiamo difendere le famiglie italiane e la competitività delle nostre imprese. Non sono tollerabili divisioni o veti».
L’espulsione dei diplomatici russi non rischia di essere stata una forzatura?
«Uno dei nostri focus più importanti è la sicurezza nazionale: tutelare il Paese e gli italiani non significa compromettere gli sforzi verso la pace o rompere irrimediabilmente le relazioni diplomatiche con altri Paesi, in questo caso con la Russia. Ma qui, tra le varie priorità, in ballo c’è la sicurezza del Paese. Per questo abbiamo espulso 30 funzionari dell’ambasciata con passaporto diplomatico o di servizio. Ripeto: per una questione di sicurezza nazionale. Si tratta di un’azione coordinata a livello europeo e a livello di alleati. Eviterei di usare la questione per sventolare una bandierina elettorale, eviterei qualunque tipo di strumentalizzazione».
Non c’è l’urgenza di una tregua umanitaria?
«Dobbiamo restare concentrati sui corridoi umanitari in Ucraina. Perché è l’unico modo per salvare civili innocenti dalla guerra devastante e straziante che Putin continua a portare avanti. Siamo molto preoccupati. Perché le sconfitte dell’esercito russo potrebbero trasformarsi in una reazione incontrollata, proprio per questo bisogna accelerare con i negoziati, arrivare a una tregua e quindi alla pace».
L’Ucraina chiede di entrare nella Ue. La Ue è d’accordo?
«È giusto che l’Ucraina coltivi questo progetto, che l’Italia sostiene. Anche in altri casi ci siamo espressi in questa direzione, credendo che più ampia è la condivisione e più forte è l’azione dell’Ue. Inoltre l’Italia sostiene una difesa comune europea, sempre più urgente. L’Europa deve rafforzare la sua Difesa, soluzione che va di pari passo con l’adozione di una politica estera comune».
Davvero può tornare a Kiev l’ambasciata italiana?
«Non lo escludo, ovviamente agiremo in sintonia con gli altri partner europei. Ne ho appena parlato a Bruxelles con il collega ucraino Kuleba e ha molto apprezzato. Agiremo non appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno. Intanto mi lasci ricordare che è stato fatto un lavoro immenso dall’Unità di Crisi della Farnesina insieme a tutti gli apparati dello Stato che hanno collaborato per dare la possibilità di andare via alla maggior parte degli oltre 2000 italiani presenti in Ucraina. Ad oggi sono rimasti soltanto in 160 circa, molti dei quali non vogliono lasciare l’Ucraina».
Che cosa replica alla Russia che ci considera «indecenti sulle sanzioni»?
«Non dobbiamo cadere nelle provocazioni, penso che abbia già detto tutto molto bene il presidente Draghi. Indecenti e vigliacchi sono i massacri. Parliamo di circa 170 bambini ucraini uccisi, almeno quelli accertati. Questa guerra deve finire subito».
Lei è minacciato di morte e le è stata rafforzata la scorta. Si sente nel mirino?
«Non saranno le intimidazioni o le minacce a fermare la nostra azione. Non c’è spazio per le violenze o per i violenti. Lavoriamo dando il massimo ogni giorno per fermare queste atrocità».
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